Generazione 30, giovani chef alla carica delle cucine venete
Sarà per via dell’onda mediatica che nell’ultimo decennio ha esaltato la figura del cuoco (facendolo assurgere spesso a stella, a volte perfino a sex simbol), o magari perché, in tempi di crisi, commercio che annaspa, negozi tutt’altro che presi d’assalto dai clienti, il food ovviamente se di qualità e gestito con competenza è uno dei rari settori in grado di tenere il passo, sta di fatto che la generazione dei trentenni ha un debole per la ristorazione, voglia di mettersi in gioco e rischiare, viaggiare, imparare, poi magari tornare.
Lo ha fatto, ad esempio, Marco Galtarossa, 30 anni, da Camposampiero (Pd), rientrato da Copenhagen e dall’esperienza al mitico Noma per guidare a Venezia la cucina di Zanze XVI, a due passi dalla stazione ferroviaria e da Piazzale Roma, prendendo il posto di Luca Tartaglia, altro trentenne a sua volta reduce da una lunga permanenza a Parigi, nel tristellato Astrance di Pascal Barbot.
Curiosa, sempre a Venezia, la storia di Nicolò Bonaccorsi (37 anni), laureato a Ca’ Foscari in Amministrazione e Controllo che, tre anni anni e mezzo fa ha deciso di lasciare il suo lavoro a Bologna, si è iscritto alla scuola di Niko Romito in Abruzzo e, dopo altri sei mesi di stage fra Le Calandre a Rubano e il Quadri a Venezia, da un paio di settimane è entrato definitivamente nello staff del Ridotto, il ristorante stellato del padre Gianni. Dove, fra l’altro, ha trovato un altro ragazzo che ha fatto della cucina la sua vita, il giapponese ma ormai veneziano a tutti gli effetti – Masahiro Homma, approdato in Campo Santi Filippo e Giacomo dopo la breve e sfortunata (non per colpa sua) stagione a La Cucina del Tentor, ma in precedenza già da Estro e Ai Artisti, fra San Pantalon e San Barnaba.
A Ponzano Veneto (Tv), Rocco Santon (30 anni) e Nicola Cavallin (36), dopo numerose esperienze in giro per il mondo e un ottimo rodaggio all’Horteria a Mirano (Ve), hanno appena aperto Noir, dove, in un ambiente soffuso, elegante e confortevole, preparano sotto gli occhi dei commensali piatti decisamente originali
Alberto Toè, 30 anni, da San Pietro di Feletto, partito dal Med di Treviso e tornato a casa dopo aver attraversato l’Europa da un tre stelle al’altro (prima Andreas Caminada, in Svizzera, poi Norbert Niederkofler in Alta Badia), si è da poco installato a Le Cementine, all’interno di H-Farm, oasi di verde e innovazione nel comune di Roncade (Tv), proponendo una cucina in sintonia con quello che lo circonda: moderna, appassionata, contemporanea, sostenibile.
Siamo attorno ai 30 anni, o giù di lì, anche a casa Manias, a San Michele al Tagliamento (Ve), al confine fra la provincia di Venezia e il Friuli, dove i fratelliMattia e Stefano, assieme alla pasticcera Elena Falliero, dopo esperienze di prestigio nel gruppo Alajmo e non solo, hanno sfrattato papà Enzo dalla cucina de Al Cjasal per realizzare la loro carta, con l’innovazione delle mezze porzioni e perfino del piatto ridotto a cicchetto.
Chiara Pavan, veronese (34), è già al suo terzo anno a Venissa, nell’isola veneziana di Mazzorbo, dove lavora con Francesco Brutto altro enfant prodige della cucina veneta contemporanea per difendere la stella Michelin attribuita all’insegna nel 2012. Laureata in filosofia, Chiara è stata nominata cuoca dell’anno 2019. Il caso ha poi voluto che dodici mesi più tardi, a ricevere il medesimo riconoscimento, sia stata l’amica Alessandra Del Favero, fresca trentenne di San Vito di Cadore, che però aveva 25 anni quando, assieme al compagno, il sardo Oliver Piras, ha dato vita al progetto Aga, all’interno dell’Hotel di famiglia (il Villa Trieste), portando a casa già alla seconda stagione la stella Michelin. Il coraggio, oltre alla passione, è il suo tratto distintivo: una cucina tanto innovativa fra le montagne del Cadore sembrava un azzardo («Ci davano dei pazzi, in effetti»), invece è stato un successo. Solo che, con 16 coperti e un’attività per lo più stagionale, non poteva durare. Così, Oliver e Alessandra hanno chiuso il 30 settembre e, dopo cinque anni, trasferiranno Aga nientemeno che a New York, nel quartiere trendy di Nolita.
A Mestre è passione pura anche quella di Serena Bergamo (31) che dall’estate 2015 gestisce Dime Bistrot, luogo originale, accattivante, costruito dal papà privilegiando i materiali di recupero e il riutilizzo di oggetti industriali. Serena ha cura e attenzione per il cibo e i clienti, prerogative che le hanno permesso di farsi apprezzare e conquistare un pubblico di affezionati, nonostante una collocazione (siamo a Marghera, praticamente alle spalle della Nave de Vero) non proprio centrale.
Anche a casa Alajmo con i giovani non scherza. E del resto chi meglio di loro che in famiglia hanno avuto il genio di Massimiliano, il più giovane tristellato della storia? Così la cucina del Quadri, in Piazza San Marco è da sempre affidata a Silvio Giavedoni, 37 anni oggi, ma poco più che trentenne quando inziò l’avventura veneziana; quella di Amo, sempre a Venezia, al giovanissimo Marco Danelli, classe 1985; il quale, a sua volta, ha preso il posto di Vania Ghedini (32), volata a Marrakech per l’apertura del nuovo ristorante.
Ma ci sarebbero anche Davide Tangari (28), del Valbruna a Limena (Pd), con alle spalle le scuole di Cannavacciuolo, dei fratelli Cerea (da Vittorio), del Marchesino a Milano e di Aga; Silvia Moro (31), già da sei anni responsabile del ristorante Aldo Moro di Montagnana (Pd); o, ancora a Venezia, Donato Ascani (32), stella Michelin al Glam dell’Hotel Venart; o Sara Simionato (32), da sei anni capo pasticcere dell’Antica Osteria da Cera a Campagna Lupia (Ve). Ed è un elenco che potrebbe proseguire a lungo.
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